Sbattuto nel Futuro

Storie

Venerdì 24 Novembre 2017

«Quello che lei conosceva non esiste più!»

Me lo disse con un tono calmo, ma infastidito.

Il camice bianco gli dava quell’aria grave che non lasciava spazio a dubbi sulle sue affermazioni.

Non mi guardava mentre lo diceva.

Lo perforavo con gli occhi, sorpreso e un poco indignato, ma apparentemente non sembrava accorgersene. Fissava un monitor intento a digitare codici o parole o chissà cosa, sulla tastiera di un computer. Lettere componevano parole che in qualche modo mi riguardavano. Forse cose del passato.

Non so perché, ma mi veniva in mente mio padre. Le sue mani di pietra mi abradevano le gambe doloranti, tentando di massaggiarmi con la pomata. Io piangevo disteso sul letto per i dolori lancinanti provocati da una qualche forma di reumatismo.

Ecco, anche quello adesso era sparito.

Per il resto dell’umanità, il mondo era gradualmente cambiato. Per me, invece, qualcuno aveva premuto un interruttore e di colpo ero sbattuto con la faccia contro futuro.

Attonito in quel silenzio infèsto, ho provato a controbattere, ma sono riuscito solo a schiudere la bocca e gemere: «Ah!?».

Il mio passato era svanito e quel ragazzo, con la faccia da uomo serio, me lo dichiarava con spietata sintesi.

I suoi occhiali squadrati e sottili, senza bordi, come quelli dei medici di retoriche pubblicità di dentifrici, e il cartellino sul camice, amplificavano il senso di serietà.

Magari adesso sono sparite anche quelle pubblicità asettiche.
Non lo so, perché l’ultimo televisore posseduto, era col tubo catodico. Lo avevo trovato davanti un cassonetto. Non ne avevo uno e per verificare il funzionamento me lo sono portato in spalla fino a casa.
Funzionava: a sberle e sintonizzavo quattro o cinque canali visibili grazie alla forchetta ficcata sul retro, nello spinotto dell’antenna.
È durato qualche anno. È stramazzato dopo una puntata particolarmente ansiolitica di Xfiles. Uno tra i pochi programmi che ho guardato.

Durante il telefilm, ogni tanto appariva un irreale dentista cinquantenne canuto, a pubblicizzare spazzolini talmente efficienti che pareva inutile studiare per una laurea in odontoiatria, bastava comprare: non la laurea, ma lo spazzolino.
Il 90% dei problemi spariva, parola di dentista. Di lui e di tutta la razza sua.

Comunque nessuno lo ha mai ascoltato. Avrebbe potuto buttare li un “suca” a caso o un “mecojoni” e dubito che qualcuno se ne sarebbe accorto.
Io stesso un giorno mi sono imposto di ascoltarlo: Il ronzio di un frigo sarebbe risultato più interessante.
Pochi istanti e nessuno avrebbe ricordato la sua asettica voce, la sua asettica faccia da cinquantenne, i suoi asettici capelli tinti di bianco, anzi, abbaglianti, grazie ai quali, immagino abbiano illuminato gratis l’asettica scenografia blu alle sue spalle. Blu come la sua divisa che faceva pendant con gli occhi, pure questi blu, incorniciati con asettici occhiali senza montatura, come quelli poggiati sul naso difronte al mio.

Quello che mi stava davanti non era decisamente il tizio della pubblicità, ma aveva un camice bianco immacolato, mani e unghia curate.

La sua testa rasata, i capelli radi e la sua voce affettata stridevano con tutto il resto.

Finalmente mi ha guardato, con malcelata impazienza.

«Quello che lei conosceva non esiste più!»

Me lo ha detto solo un’altra volta e mi è bastato. Ho compreso. Mi sono arreso.

«Ok, accetto» mi sono rassegnato.

Speriamo funzioni.

Il Lasonil crema non esiste più. Ora c’era il Lasonil gel.


(Photo credit: LauriLaukkanen on Visualhunt.com / CC BY. Edit by ARTEMATIKO)

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